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Speciale 65ª mostra internazionale d'arte cinematografica
 
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65ª mostra di Venezia.
L'Italia prenota la prima fila

di Luigi Paini

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26 agosto 2008
INTERVISTA
Marco Müller: «Nessuna rivalità con Roma»
(di Fernanda Roggero)

Sogno di una notte di fine estate: il Leone d'Oro a un film italiano. Sarebbe il degno coronamento di un'annata speciale, caratterizzata dai successi di pubblico e critica (raro connubio) di Gomorra e Il divo (senza dimenticare il primo posto nella classifica degli incassi ottenuto dal cinepanettone Natale in crociera, ma questa ovviamente è tutta un'altra storia...). Quasi a sottolineare un momento speciale, il direttore della Mostra di Venezia – che si apre domani (stasera la cerimonia di preapertura della 65ª edizione, dedicata a Ermanno Olmi, Leone d'Oro alla carriera 2008) – Marco Müller e i suoi collaboratori hanno scelto per il concorso ben quattro pellicole made in Italy: e non è certo mancato chi ha fatto notare come l'anno scorso, di questi giorni, sotto i colpi impietosi di Quentin Tarantino, molti si fossero addirittura spinti a recitare il de profundis per il nostro cinema. Ma, si sa, la volubilità non manca mai nel campo dei cinefili: dalle stalle alle stelle, dalle angosce alle esaltazioni in questo campo il passo è più facile che altrove.
Sulla carta, la concorrenza è di quelle toste, a cominciare (solo per citarne alcuni) dagli attesi rientri della rediviva Kathryn Bigelow (Hurt Locker, con Ralph Fiennes) e del sempre geniale Takeshi Kitano (Achille e la tartaruga), passando per il maestro russo Aleksey German e per il veterano americano Jonathan Demme. Ma pure il tricolore, in quanto a veterani, non scherza. Primo fra tutti il prolifico Pupi Avati (come Woody Allen: un anno, un film). Sarà al Lido con Il papà di Giovanna, interpretato da Silvio Orlando e Alba Rohrwacher. Nel cast c'è anche un imprevedibile Ezio Greggio, impegnato in un ruolo drammatico. Come spesso gli capita, Avati torna nella sua Emilia, raccontando una vicenda di famiglia dai toni aspri, che scorre lungo gli anni della Seconda guerra mondiale. Orlando, che come attore "invecchia" davvero molto bene, ha a che fare con una giovane figlia che si macchia di un terribile delitto. Sarà rinchiusa in manicomio, e proprio il rapporto con il padre resterà l'unico filo che continua a legarla al mondo esterno, tra l'altro anch'esso più che folle.
Più vicino ai nostri giorni, altrettanto segnati da una vena di assoluta follia, è un altro gradito ritorno, quello di Pasquale (meglio noto come "Pappi") Corsicato. Napoletano doc, come Sorrentino e Garrone, si ripresenta dopo diversi anni di silenzio ambientando Il seme della discordia in un angolo partenopeo che tutto sembra tranne il capoluogo della Campania. Sceglie i grattacieli disegnati da Kenzo Tange per il Centro direzionale, quella sorta di città nella città tanto simile alle altre metropoli del mondo globalizzato. Anche la sua si presenta come una storia di famiglia (abbastanza disperata), con rapporti umani inquinati dall'indifferenza quotidiana. Ma quello che caratterizza Corsicato, da sempre, è lo stile: l'amore per le atmosfere mélo, il gusto per le citazioni dei suoi maestri preferiti, a partire da Douglas Sirk, l'occhio attento alle immagini-simbolo della cultura popolare, soprattutto quelle veicolate dal cinema. Il cast è di tutto rispetto e rigorosamente "nazionale": Alessandro Gassman, Caterina Murino e Isabella Ferrari, insieme a Monica Guerritore e Martina Stella. Proprio Isabella Ferrari può fare da trait d'union con il terzo film in concorso, Un giorno perfetto, che l'italo-turco Ferzan Ozpetek ha tratto dal romanzo di Melania Mazzucco. Fra i protagonisti un altro beniamino del pubblico della scorsa stagione, Valerio Mastandrea. Manco a farlo apposta, il tema si annuncia ancora una volta drammatico, sempre all'interno del l'universo famiglia, anche se questa volta l'ambientazione è quella della periferia anonima di Roma.
E poi c'è un autore in trasferta: l'italo-cileno Marco Bechis è andato in Amazzonia per documentare con Birdwatchers il terribile impatto del nostro modo di vivere sulle popolazioni indigene. Da una parte un gruppo di agricoltori che tagliano la foresta vergine per fare spazio alle colture transgeniche, dall'altra una manciata di nativi che tentano con tutti i mezzi di salvare la loro identità. Gli interpreti principali sono proprio loro, gli indios, mentre tra i "professionisti" si segnalano Claudio Santamaria e Chiara Caselli.
Ma Venezia non è mai solo concorso. Gli amanti del cinema italiano si possono dilettare con la spettacolare retrospettiva «Questi fantasmi: Cinema italiano ritrovato (1946- 1975)». Come dice il titolo, si tratta di film per lungo tempo "scomparsi": con l'aiuto della Cineteca Nazionale, della Cineteca di Bologna e del Museo del Cinema di Torino (oltre a vari sponsor privati) si potranno rivedere le versioni integrali e restaurate di Anni difficili di Luigi Zampa, I basilischi di Lina Wertmüller, Lo sceicco Bianco di Federico Fellini e molti, molti altri. Fra le curiosità i tre spot per la Banca di Roma diretti dallo stesso Fellini e il raro cortometraggio di animazione di Emanuele Luzzati L'italiana in Algeri.

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